L'HHC è commerciabile? Cosa dice la legge in Italia

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Sintetizzato per la prima volta nel 1944 dal chimico statunitense Roger Adams, l'HHC è una molecola presente in bassissime quantità nella cannabis. Per tale motivo, vista anche la sua estrazione parecchio costosa, viene prodotto in laboratorio; da qui l'appellativo cannabinoide "semisintetico". 

Spacciati come derivati della canapa, i prodotti con HHC hanno letteralmente inondato il mercato della cannabis. Ma l'HHC è legale? Scopriamo cosa dice la legge in Italia. 

L'HHC è legale?

Foto di Elsa Olofsson

La legge italiana sull'HCC

Anche noto come esaidrocannabinolo, l'HHC altro non è che una forma idrogenata del THC, il cannabinoide responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis, con cui condivide una struttura molecolare e degli effetti simili, quali: leggera euforia, fame chimica, bocca secca, occhi rossi e aumento del piacere sensoriale.

L’art. 14 del dpr 390/90, il testo unico sugli stupefacenti in Italia, comma 4) recita: “Ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate”.

Prosegue poi nel comma 6) includendo tutta: “La cannabis indica, i prodotti da essa ottenuti; i tetraidrocannabinoli, i loro analoghi naturali, le sostanze ottenute per sintesi o semisintesi che siano ad essi riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico”. 

Infine al comma 7) definendo una sostanze illecite “ogni altra pianta i cui principi attivi possono provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale”.

Detto ciò, l'HHC non dovrebbe essere legale, ma vista l'assenza dello specifico cannabinoide nella tabella degli stupefacenti molte aziende commercializzano questa tipologia di prodotti vantandoli come derivati della canapa.

Tale mancanza, però, non giustifica la mossa dei rivenditori che per accaparrarsi una fetta di mercato vendono un articolo dalla legalità incerta e dagli effetti e dalle possibili controindicazioni ancora sconosciuti. 

La conferma arriva dall'Associazione Imprenditori Canapa Italia che dal 2019 tutela gli interessi e i diritti degli operatori del settore della canapa industriale, che mette in guardia sulle possibili pene detentive a cui si espone chi produce o vende questa sostanza. 

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